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Recensioni fatte dalla Carol per tiscali

Ultimo Aggiornamento: 16/03/2008 21:32
29/10/2007 19:54
 
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Da questa settimana la carol pubblicherà su tiscali una serie di articoli [SM=g27824]

Eccovi il primo:

musica.tiscali.it/didomenico/articoli/ottobre/carolina_athlete_...


"I sentimenti? Nessuno li canta meglio degli Athlete"

Ciao da Carolina Di Domenico. Prima di iniziare la mia nuova avventura su Tiscali Notizie mi sembra giusto presentare questo appuntamento: c'è chi le chiama recensioni musicali e io potrei anche essere d'accordo con questo termine ma mi piacerebbe di più definirle opinioni, come quando ci si trova in soggiorno o nella cameretta con gli amici, ad ascoltare e commentare la propria musica preferita.

Ma è ora di cominciare e, per puro caso, da una band che inizia con la A: gli Athlete con Beyond the neighborhood. Parto dal presupposto che l'attrazione che ognuno di noi prova nei confronti di una persona, di un oggetto o di un suono, sia assolutamente personale e soggettiva. Da qui nasce quel piacere che, almeno una volta, tutti hanno provato nell'ascoltare il timbro di una voce che ti rimane impressa e si fa riconoscere immediatamente. Questo accade a me quando ascolto un disco degli Athlete: la voce di Joel Pott è ciò che arriva per prima in profondità, più di ogni altro strumento utilizzato da questo gruppo londinese che dopo Tourist uscito nel 2005, torna con il terzo album che non delude.

C'è chi riconoscerà lo stampo malinconico tipicamente Uk di Keane e affini, ma già con il singolo di successo Wires cosi come Chances, entrambi del precedente album, gli Athlete avevano lasciato intendere le loro capacità di far "ballare" i sentimenti. Grandi aperture sonore romantiche caratterizzano tutto il loro ultimo lavoro e già questo, se siete amanti del genere, vi ripagherà dell'acquisto, da aggiungere al fatto che nei testi si riconoscono immagini d'amore originali che rendono questo sentimento profondo ma anche ossessivo.

L'unione strumentale di pianoforte, synth e archi che spesso si incontra nelle canzoni, è una soluzione che sicuramente aiuta il viaggio attraverso queste istantanee, con la leggerezza che spesso l'uso dell'elettronica alla maniera degli Air riesce a regalare. L'album si chiude con la ballata This Is What I Sound Like che racconta dell'incapacità di comprendere la ragione di una continua ed inutile lotta tra persone che non si trovano più in una storia che confusamente finisce. Gli Athlete sanno come raggiungere l'angolo acuto delle emozioni e, che ci crediate o no, Beyond The Neighborhood è un ottimo compagno di viaggio per queste giornate d'autunno. Buon ascolto.
Carolina Di Domenico




[SM=x1116459] [SM=x1116459]


[Modificato da Secretkeeper81 11/11/2007 00:53]
30/10/2007 00:16
 
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Molto interessante questa iniziativa, complimenti alla Carol!! [SM=x1116442]

Ecco il link a tutte le recensioni: musica.tiscali.it/didomenico/

[Modificato da Secretkeeper81 16/01/2008 22:31]
09/11/2007 20:48
 
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musica.tiscali.it/didomenico/articoli/novembre/carolina_manson_eatme_...


Manson: quando il diavolo piange come un bebè

Un inguaribile romantico, ecco come, forse in maniera sorprendente per alcuni, definirei Marilyn Manson. Ho sempre trovato interessante il suo tentativo di costruirsi questo aspetto mostruoso che tanto ha fatto tremare chi, secondo me per comodità, si è voluto fermare all'apparenza.

Sicuramente era parte del suo progetto, che ha portato a termine scomodando più volte le alte cariche del nostro sistema politico e religioso che contro di lui si sono dovute scagliare. Utilizzo il termine "dovute" perché mi sono immaginata spesso il presidente Bush che, in momenti di estrema complicatezza, si chiude nella sua stanza ovale per scaricarsi con un po' di headbanging sulle note di uno qualsiasi degli album di questo diavolo di musicista.

Ma questa è un'altra storia, torniamo al romanticismo di Manson che si mette la sua maschera terrificante per nascondere la sua incredibile sensibilità e la converte in immagini sanguinarie che in realtà non sono altro che richieste di attenzione, come il bambino che fa i capricci per richiedere aiuto. Se nei primi album questa realtà poteva rimanere celata, le rivelazioni della sofferenza amorosa di Marilyn in seguito alla separazione dalla sua mogliettina Dita, ci hanno tolto ogni dubbio.

La disperazione e il modo di amare così passionale e profondo si avvertono pienamente nel suo ultimo album Eat me, Drink me in cui l'immagine dei coltelli è legata allo squarcio profondo nella sua anima provocato dalla fine del matrimonio. Nonostante sia già apparso in dolce compagnia dell'altrettanto curiosa Evan Rachel Wood, in questo album si capisce che non è stato un bel periodo anche per un drago sputafuoco come lui che nasconde la richiesta di vivere intensamente insieme alla sua amata, dietro quella di morire per mezzo delle sue stesse mani. E' un uomo che si da talmente tanto nelle relazioni che iniziarne una nuova equivale ad un funerale perché è sicura la sua morte (They Said The Hell Is Not Hot).

Allo stesso modo l'amore viene descritto come un incidente stradale perché brucia tutto ciò che è davanti a te, ciò che dici e pensi (Just A Car Crash Away). Questo insieme di toccanti situazioni fa da sfondo a note che non potevano che essere oscure, come nella migliore tradizione mansoniana. Eppure Manson qui riesce a sorprendere, andando a scovare la sua anima new wave, dark che riporta tutto agli anni '80. Ci sono momenti dell'album, a partire da diverse intro, in cui ti chiedi: "Ma è veramente Manson o sono i Sisters Of Mercy?".

In ogni caso a me non è dispiaciuta per niente questa vena inaspettata, quasi pop, dell'ei fu Brian Warner che scoprii decisamente acuto ed intelligente quando, intervistato in merito alla strage di Columbine dopo essere stato accusato di essere la vera ragione del Male che pervade le giovani menti della Generazione X, a domanda rispose: "Cosa direi ai sopravvissuti della Columbine High School? Non direi niente. Starei piuttosto ad ascoltare quello che hanno da dire loro, che è una cosa che nessuno ha ancora fatto".
Carolina Di Domenico




[Modificato da Secretkeeper81 11/11/2007 00:52]
11/11/2007 00:49
 
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Wow, non pensavo che la Carol ascoltasse Marilyn Manson.. [SM=g27831]
Cmq ha ragione, anche a me ha colpito la sua interivsta nel film di Michael Moore "Bowling a Columbine" [SM=x1116477]
19/11/2007 20:27
 
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Vi riporto il nuovo articolo e se andate su tiscali c'è una nuova foto [SM=g27827]

musica.tiscali.it/didomenico/articoli/novembre/carolina_sigur_ros_...


Gli ascolti di Carolina

Sigur Ros: musica per vivere l'inverno come un sogno

Il paese da cui vengono i protagonisti di questa settimana si estende per 100.000 kmq ma le persone che ci vivono sono 275.000. Ci sono quindi degli immensi spazi deserti e disabitati ma anche da questo deriva il fascino di questo posto e di chi ci abita: è l'Islanda e loro sono i Sigur Ros. Hvarf-Heim è il titolo loro nuovo album uscito il 2 novembre, il quarto omaggio a quella che potremmo definire la musica classica del nuovo millennio.

Doppio titolo per un doppio album: un disco Hvarf composto da 5 tracce registrate in studio con materiale inedito recuperato dalle soffitte e dai bauli delle loro case, mi immagino con viste mozzafiato su laghi ghiacciati, che si uniscono a Heim, composto da 6 tracce live di brani editi mai suonati dal vivo prima. Un progetto strettamente legato a Heima, film uscito in dvd che racconta la magica esperienza che la band ha vissuto suonando in giro per l'Islanda.

Un tour decisamente diverso dal solito, ma da loro non ci si aspettava che questo: sono stati scelti luoghi assolutamente non convenzionali come una fabbrica in disuso con un palco improvvisato tra vecchie taniche di olio di pesce e, soprattutto, hanno dato a chiunque volesse partecipare, la possibilità di farlo senza pagare alcun biglietto. In questo modo, raccontano, si sono trovati di fronte persone di ogni età che hanno fatto esperienza della loro musica in maniera completamente differente rispetto alla classica location da concerto: molti hanno ascoltato ad occhi chiusi.

Questi sono oggi Jon, Georg, Orri e Kjartan, abituati a stupire o quantomeno ad essere originali già dal meraviglioso album del 2002 dal titolo ( ): sperimentazione pura con una copertina diversa per ogni continente, pezzi senza titolo e la possibilità o forse il dovere di abbandonarsi completamente ai suoni prodotti dai loro strumenti. Raro caso di perfetta sintonia tra suono e immagine, i Sigur Ros hanno sempre realizzato dei videoclip che sfioravano la commozione per la bellezza delle ambientazioni e dei personaggi scelti e questo non fa che dare un ulteriore stimolo per l'acquisto del dvd. Anche in questo nuovo lavoro ci si allontana completamente dalle regole della forma canzone da 3 minuti e mezzo per immergersi in storie fatte di note lunghe dai 5 ai 10 minuti.

Potrebbero essere la perfetta colonna sonora per quei filmati in cui si vede attimo dopo attimo, lo sbocciare di un fiore o il passaggio dall'oscurità della notte alla lucentezza del giorno. Accompagnano la nascita di un sentimento così come poteva fare la musica della loro conterranea Bjork, prima di indulgere nella cavillosa ricerca di pure sonorità che, con mio immenso dispiacere, ultimamente faccio fatica a seguire. Sicuramente nascere in una terra così singolare anche nei suoi ritmi, determina la personalità in maniera diversa rispetto al resto del mondo.

Ho fatto un viaggio 2 anni fa in Finlandia, probabilmente differente per alcuni aspetti dall'Islanda, ma vi assicuro che quando ti trovi al Circolo Polare Artico, come è capitato a me, in queste infinite distese di neve e abeti contornate solo da una striscia sottile di luce rossa, l'unica musica che ti può venire in mente è quella dei Sigur Ros, non di certo Jingle Bells. Ascoltatelo ed emozionatevi.

Carolina Di Domenico

[Modificato da Secretkeeper81 20/11/2007 18:59]
20/11/2007 19:00
 
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Grazie!! [SM=g27811]

Davvero bella la foto, aveva i capelli ancora lunghetti.. [SM=x1116459] [SM=x1116459]
20/11/2007 21:03
 
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Devo dire che mi piace molto il modo di scrivere di caro e le foto veramente belle
04/12/2007 19:32
 
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musica.tiscali.it/didomenico/articoli/dicembre/carolina_subsonica_...

Subsonica: "L'eclissi" è un album che sfida e ammalia

Questa recensione si potrebbe aprire all'insegna dello slogan: "E la sperimentazione continua". E' uscito il 5° album dei Subsonica e si intitola L'eclissi ma questo sicuramente è già arrivato alle vostre orecchie, che forse avranno inizialmente faticato a familiarizzare con le sonorità dell'album. Questa ostilità, nel mio caso, si è manifestata solo al primo ascolto perché adesso, al 3°/4° giro, mi balla già la testa in quel vorticoso movimento che ricorda tanto l'ondeggiare nevrotico di Boosta e il "passetto" ormai noto di Samuel durante i live.

Indubbiamente questi 10 anni passati dal loro esordio si notano sul volto dei ragazzi di Torino, nonostante l'abbigliamento ancora giovanile e rigorosamente nero, ma ciò che spicca di più è che, ancora una volta, i Subsonica non hanno avuto paura. Hanno realizzato un disco con soluzioni armoniche che si spingono oltre tutto ciò che ha fatto parte dei loro album precedenti, anche se alcuni momenti ricordano il carattere della band, come è giusto che sia.
Si parte subito con la durezza di Veleno, una marcia inerme di chi non può fare a meno di intossicarsi di una presenza, di legarsi, pur sapendo, ad una corda che non riuscirà a sciogliere. Il singolo La glaciazione è un vero riempipista, sin dalle prime note ci si immagina la folla che salta all'unisono nel palazzetto carico fino a scoppiare. Si deve aspettare fino alla sesta traccia Nei nostri luoghi per prendere fiato da un vorticoso e incessante susseguirsi di bpm che, a tratti, sfiora l'atmosfera da rave illegale come ne Il centro della fiamma. Anche Quattrodieci, scritta per l'amica fotografa Caterina Farassino, scomparsa in un incidente stradale, non è una ballata come ci si potrebbe aspettare ma un pezzo ben tirato che esprime il dolore per questa perdita che, come spesso accade, si trasforma in un grido di rabbia.
Un sentimento che si ritrova nel brano successivo Piombo, scritto insieme alla splendida Meg: Torino e Napoli che si incontrano per descrivere una realtà difficile e omaggiare un giovane scrittore come Roberto Saviano che, alla denuncia di questa situazione, sta dedicando la sua vita sottoscorta. Un nuovo ampio respiro lo regala Alibi, traccia 10, la prima in cui si rallenta veramente per poi riaccelerare con Canenero in cui la pesantezza del beat è accompagnata da una tematica forte come quella della pedofilia. Ne lo Stagno riemergono un po' le aperture melodiche e gli strumenti veri e propri: tastiere e chitarre, trattate da L'eclissi come vecchie amiche con cui si esce per ripensare ai tempi andati di Terrestre. Non ci lasciano senza ricordarci che la loro musica è fatta anche di chitarre acustiche per cui però, in questo lavoro, c'è spazio solo nella ghost track.
Subsonica, a differenza di altre band italiane di successo, danno l'idea di essere molto compatti nella lavorazione dei loro album e nonostante i singoli componenti dimostrino evidentemente il loro egocentrismo, riescono a canalizzarlo nei progetti paralleli per poi confluire nuovamente insieme dentro Casasonica quando necessario. Sarà forse anche per questo che ispirano fiducia al pubblico tanto da rendere sold out i loro live ancor prima che il nuovo lavoro esca nei negozi. Così è successo in occasione di quest'ultimo tour in cui, tra l'altro, le loro posizioni sul palco erano tutte sulla stessa riga. Unico caso in cui il concetto di frontband è veramente riuscito.
[SM=g27811]
[Modificato da Secretkeeper81 18/12/2007 20:19]
21/12/2007 18:19
 
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Mughen, nome nuovo fra elettronica e grandi canzoni
Finalmente la realtà musicale italiana torna ad emozionare: dalcentrodellaterra è il primo album, di un duo già noto agli amanti del cantautorato di qualità, i Mughen. Sotto altre vesti c'è chi ha già imparato ad apprezzare Andrea Moscianese con i Giuliodorme e Daniele "Mr.Coffee" Rossi come musicista impegnato in produzioni di artisti tra cui i Tiromancino, Riccardo Senigallia, Roberto Angelini e Marina Rei

Ora però si respira aria nuova e il duo si misura con un progetto che gira nelle mie orecchie da tempo. In effetti con l'uscita dell'album si chiude un percorso di note che inizia nel 2002 e attraversa luoghi che vanno dalla Capitale, passando per l'Abruzzo e il litorale laziale di Fregene per finire sulle colline eretine di Monterotondo, a nord di Roma

Di scuola romana si è già parlato tanto, forse troppo, ma la differenza, pur facendo innegabilmente parte di questa scena, è che nei Mughen c'è qualcosa di nuovo: un ritmo acustico ed elettrico che si fonde in perfetta sintonia, producendo il giusto mix tra pezzi in cui il pianoforte è lo strumento principale e altri di cui sono protagonisti chitarre e synth. Il risultato è che il disco non lo ascolti una volta sola per poi riporlo tra gli altri, ma diventa un highlight dell'i-pod. Mi sono ritrovata ad ascoltarli tra le stradine di un'isola greca a fine agosto e sotto la pioggia autunnale milanese
La scaletta dell'album è decisamente ben bilanciata: ci sono ballate come la title track, in cui il morbido giro di pianoforte si apre raggiungendo il climax per poi ripartire nuovamente come nella miglior tradizione inglese. Ma si da spazio anche a canzoni che aumentano i battiti tra cui Eri una cosa mia in cui il piede automaticamente tiene il tempo, Il bersaglio con la partecipazione di Daniele Silvestri e Brucio, primo singolo di questo lavoro. Splendida la traccia numero 4 Le mani sporche di te, immagine romantica accompagnata da un sound deciso che sorprende alternando archi, chitarre elettriche ed effetti che legano le note in maniera fluida. Ridi forte chiude il disco con una sorta di ninna nanna che tiene incollato chi ascolta fino alla fine, con un singolo suono. E' uno di quei rari casi in cui, pur conoscendo personalmente il progetto e gli autori, sono convinta di non mancare di obbiettività nel considerare dalcentrodellaterra uno dei dischi più convincenti dell'anno che sta per concludersi.

Mi piacerebbe pensare che nonostante escano con un'etichetta indipendente come la Except, che probabilmente incontrerà degli ostacoli nel rendere questo album noto alla massa, ci sia ancora qualche lucida mente tra chi gestisce le programmazioni delle tv e delle radio musicali, in grado di credere profondamente nelle capacità di artisti emergenti con talento, come questi due profondi musicisti.

Ps: io cè l ho da un pò e sono d accordissimo con quanto scritto [SM=g27811]
03/01/2008 13:54
 
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Gli ascolti di Carolina

Timbaland e Timberlake, ma i veri Duran dove sono?

Era il 2004 quando i nostalgici degli anni '80 dovettero aggiungere alle già numerose reunion, quella della band simbolo di quegli anni. I Duran Duran dopo 15 anni si ripresentarono con Astronaut e fu un gran momento rivederli tutti insieme, tanto da dedicare loro lo stesso affetto che avresti riservato ad un compagno delle elementari che non vedevi da tempo ma a cui eri particolarmemente legato.
L'album era carico di ricordi melodici degli anni passati a partire dal primo singolo (Reach up for the) Sunrise ed essendo il disco che ne sanciva il ritorno, ciò non costituì un problema. Non hanno fatto passare molto tempo e di recente sono tornati con Red Carpet Massacre , perdendo qualche pezzo per strada perché Andy Tayolr, vista la direzione musicale di questo disco, ha deciso di firmare il divorzio dai suoi compagni.
In effetti se Andy era affezionato ai suoni tipici dei Duran, non gli si può dar torto perchè in questo album si fa parecchia fatica a riconoscerli. E' un tentativo di attualizzare la loro musica e di stare al passo con i tempi oppure un modo per rincorrerli arrancando un po' vista l'età? Sicuramente hanno cercato di rinnovare il proprio sound ma con risultati a mio avviso non totalmente soddisfacenti. In più, a metterci le mani c'è l'ormai onnipresente Timbaland e il risultato stupisce. Non solo, perché alle mani tornite del produttore più in voga del momento vanno aggiunte, quelle del suo fido Nate Hills e dell'ormai inseparabile compagno di merende Justin Timberlake.
Già dall'inizio del primo brano The Valley si avverte la sinteticità tipica "timbaladiana", permettetemi il termine, che rende quasi strano l'assolo funky del basso verso la metà della canzone, come se il beat prepotente ti avesse già fatto dimenticare che la musica generalmente è fatta da strumenti e non da campionatori. Allo stesso modo sorprende il modo di cantare di Simon nel ritornello della title track, questa voce quasi urlata a cui non siamo abituati. Senza soluzione di continuità si passa a Nite Runner e se si dovesse iniziare ad ascoltare il disco partendo da qui, sarebbe difficile capire se si tratta di un album di Timberlake prodotto da Timbaland o dei Duran Duran. Considerato questo, immagino che la band qui si sia affidata completamente a chi era seduto dietro al mixer, forse troppo, ma fortunatamente si riprende il proprio spazio con la successiva Falling Down dove, nonostante ci sia comunque Timberlake a gestire i suoni, si riconoscono anche le chitarre.
Stessa cosa avviene per Box Full O' Honey ma non si fa in tempo ad apprezzare queste atmosfere più genuinamente duraniane perché Skin Divers è nuovamente un trionfo di synth, completo del vocione di Timbaland. Evidentemente dopo un po' fa fatica a stare dietro il vetro della regia-audio e l'incontenibile trasporto verso la scena, lo porta davanti al microfono. Viene semplice pensare che oltre ad Andy Taylor la band abbia perso anche un altro componente: Roger e la sua batteria quasi completamente rimpiazzata da suoni che gli assomigliano, prodotti artificialmente. Mi piace pensare però che tutto ciò sia frutto di un scelta ponderata, purtroppo dettata dal fatto che, quando si comincia ad invecchiare, si ha spesso paura di essere giudicati negativamente. Per questo ci si affianca a mani giovani che stravolgono la tua immagine e si finisce per avere tra le mani un disco assolutamente ben prodotto, ma che alla tua storia appartiene ben poco.

Carolina Di Domenico

[Modificato da Secretkeeper81 07/01/2008 20:13]
16/01/2008 14:12
 
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Killers, il nuovo "Sawdust" è genio o truffa?
Potrebbe sembrare pretenziosa una raccolta di b-sides e rarità per una band che ha alle spalle solo due album, ma a volte la presunzione aiuta e convince il pubblico aumentando perfino la credibilità di un musicista. Credo sia questo il caso dei Killers che dopo Hot Fuss e Sam's Town hanno aspettato circa un anno per ripresentarsi con Sawdust, album in cui inseriscono un po' di tutto: dai lati b di alcuni singoli, procedura ormai purtroppo cara solo al di fuori dell'Italia, a cover di band di riferimento come Joy Division e Dire Straits, insieme a classici country americani fine anni '60, brani live dagli importanti Abbey Road e tracce mai pubblicate negli album precedenti.

Strategia alternativa
Mi viene in mente che se succedesse in Italia un'operazione di questo tipo, probabilmente non verrebbe compresa per la mancanza di affezione che ormai abbiamo alla musica intesa come qualcosa di speciale: già è difficile oggi vedere affollamento in un negozio di dischi, in più il concetto di cd singolo è ormai morto da tempo. Forse proprio perché non è stata sviluppata, come all'estero, questa catena per cui la casa discografica, oltre ad offrire nel cd il singolo che va in radio, inserisce qualcosa che si possa trovare solo in quel disco, un pezzo nuovo o una cover ad esempio, per spingere il comune acquirente a spendere dei soldi per un supporto con 3 o 4 canzoni. In mancanza di ciò il mercato dei singoli da noi è finito, tanto da essere sostituito nei negozi da un bel reparto di musica regionale.

Con Lou Reed
I Killers invece con questo concetto, hanno messo insieme 17 brani di cui uno solo veramente nuovo e si sono conquistati la dodicesima posizione della Billboard 200 chart, vendendo 82 mila copie nella prima settimana. Partendo proprio dall'unica novità dell'album Tranquilize, a mio avviso è una collaborazione illustre ben riuscita. Mi piace come si sposano le voci di Brandon Flowers e Lou Reed che, da quando ho visto il video, non riesco a non immaginarmi come un fantasma che aleggia sulle giovani band nostalgiche del sound della sua generazione. Probabilmente perché, in queste immagini, Reed impone la sua presenza senza cantare, seduto al piano, in una ambientazione oscura in cui mostra la sua splendida vecchiaia.

Il fantasma di Ian Curtis
La cover dei Joy Division Shadowplay è ben interpretata sia dal punto di vista della musica che della voce e soprattutto la band è riuscita a caratterizzarla un po', riducendo la predominanza di basso e chitarra della versione originale a favore, nella parte iniziale, del sound sintetico che li contraddistingue. Se vi capita su Youtube c'è il video di questo pezzo in cui si trovano inserti del film Control di Anton Corbjin, meraviglioso fotografo, amico e fan dei Joy Division a cui ha voluto rendere omaggio. Se siete in attesa, come me, di vedere questa pellicola la cui data di uscita in Italia è ancora misteriosa, questo video è un piccolo assaggio. Le tracce dei due album precedenti mai pubblicate prima, Leave the Bourbon On the Shelf e Sweet Talk, si inseriscono perfettamente nei dischi a cui appartengono e non si capisce perché al tempo vennero messe da parte.

Fra Spiderman e i Dire Straits
Si ritorna in piena atmosfera anni 80, quasi duraniana direi, con Move Away, pezzo che fa parte dell'ottima colonna sonora di Spider-Man 3. L'epica Glamorous Indie Rock Roll cattura anche in questa versione e mi riporta immediatamente al momento in cui, ai loro concerti a cui ho assistito, veniva intonata da tutto il pubblico in modalità coro da stadio. Un po' forzata la cover di Romeo and Juliet ma forse il confronto con i Dire Straits è troppo alto e sicuramente faticoso il remix di Mr Brightside, per me che non amo la tendenza a mettere per forza le mani su qualcosa che già funziona in origine…ah..questi dj che non sanno stare al posto loro..scherzo eh! Mica tanto…

Carolina Di Domenico

[Modificato da Secretkeeper81 16/01/2008 22:34]
16/01/2008 22:36
 
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Complimenti di nuovo alla Carol per queste belle recensioni, sempre interessanti da leggere.. [SM=g27811]

La foto poi è fantastica!! [SM=x1116459]
03/02/2008 14:36
 
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The Niro, talento italiano pronto per il salto all'estero

È uscito il 25 gennaio il suo ep An ordinary man composto di quattro brani che tornano a far parlare di ottima musica italiana. Si chiama The Niro ma dietro questo titolo altisonante che fa subito pensare a grandi talenti, c'è un animo timido e schivo che tutto ha cercato tranne i grandi paragoni a cui il nome fa pensare. Davide Combusti è di Roma e in realtà di confronti con il mondo musicale ne ha già avuti tanti, forse è per questo che mi ha incuriosito la sua musica

Il fascino del mercato estero - Il suo percorso è coraggioso e sicuramente lungimirante rispetto alla situazione che gli artisti emergenti stanno affrontando in questo momento. Fino a poco tempo fa, le band che si rivolgevano all'estero prima ancora che all'Italia per proporre la loro musica, si contavano sulle dita di una mano. Erano miraggi quelli dei Linea 77 o dei Lacuna Coil che pur partendo da qui, cercavano di comunicare la loro musica oltreoceano e, fatto ancora più strano, grazie a quel tentativo che dava risultati discreti, tornavano in patria vittoriosi come se questo esperimento avesse aumentato la loro credibilità. Evidentemente noi italiani subiamo il fascino dell'America, percui siamo in grado inizialmente di non dare attenzione a chi abbiamo vicino ma basta ripresentarsi con una bella maglietta I Love N.Y. che il giudizio può cambiare radicalmente…eppure sempre della stessa persona o della stessa musica si tratta.

Già in giro per il mondo - The Niro al check in internazionale ci è passato spesso prima di ricevere questo entusiasmo mediatico qui da noi: è stato più volte a suonare negli Stati Uniti, in Arizona, a New York ma anche a Londra, Vienna, Colonia, Amburgo e Parigi. Si esibisce in locali più o meno famosi, portando via un bagaglio di esperienze sicuramente importanti per la sua formazione. Anche qui in Italia si trova a gestire un pubblico che il più volte non è il suo e questo è un compito non da sottovalutare. Non lo conosco personalmente, ma presentarsi di fronte ad un mare di teste che aspettano i Deep Purple armato solo della propria chitarra e della propria voce, sono indecisa se chiamarlo un dramma o un grande momento. Certo dipende dall'esito della performance che, nel suo caso, l'ha fatto comunque tornare a casa senza i segni di bottigliette o arance sul corpo, anzi.

L'ascolto - Questi quattro brani sono un accenno dell'album che arriverà a breve e gli amanti del genere non rimarranno delusi sin dalla prima traccia About Love and Indifference che sorprende nel doppio passaggio centrale quasi spagnoleggiante per poi tornare alla melodia dolce del ritornello. Mistake rimane un pezzo morbido come il precedente ma con una marcetta sotto che mi fa pensare ad un girotondo in un parco tra due personaggi di un film di Sofia Coppola. Con un ritmo più sostenuto parte Just For a Bit che si alterna alla predominanza di una voce che a questo punto inevitabilmente mi riporta, con le dovute proporzioni che il mio sconfinato amore per l'artista di riferimento mi impone, a Jeff Buckley. Pensiero che ritorna anche in On Our Hill in cui le spazzole della batteria si inseriscono delicatamente nell'armonia di chitarra e voce, tanto da far sembrare tre minuti e cinque secondi di canzone davvero troppo pochi. Non ci resta che attendere gli altri brani, dando il benvenuto ad un nuovo artista della musica italiana che dovrebbe renderci orgogliosi.

Carolina Di Domenico


[Modificato da Secretkeeper81 04/02/2008 00:39]
16/03/2008 21:32
 
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Un safari tra luci ed ombre

Premetto che Lorenzo "Jovanotti" Cherubini è stato uno degli amori della mia adolescenza, il classico idolo di cui ti trascrivi i testi sul diario, compri i biglietti dei concerti con mesi di anticipo e sogni di incontrare al bar sotto casa per scambiare due chiacchiere da buoni amici. Una fase della vita che si è attenuata fortunatamente prima di intervistarlo la prima volta, rendendo questa una piacevole esperienza e non un tremolio di gambe magari accompagnato da balbuzie come pochi anni prima sarebbe potuto succedere.
L'uomo che mi si è presentato di fronte allora e quello che ritrovo in questo nuovo album Safari è profondamente interessante. Sarà per la sua personalità così evidentemente definita che sembra non lasciare dubbi sulla quantità di idee e pensieri prodotti dalla sua mente che, con la stessa intensità, riversa in questo nuovo album. Musica e parole vivono distintamente momenti di grande carattere: è un disco carico di parole e di suoni prodotti da strumenti comuni e non, che ricordano la capacità di Lorenzo di essere sempre alla ricerca di nuove esperienze, che sia un viaggio in una terra sconosciuta o la melodia prodotta da uno strano oggetto.
Ho trovato delle belle immagini nei testi, delle emozioni ben tradotte che sono fondamentali, secondo me, per creare empatia tra l'artista e il pubblico. Frasi che colpiscono come " un cartello di 6 metri dice è tutto intorno a te ma ti guardi intorno e invece non c'è niente" o "l'unico pericolo che sento veramente è quello di non riuscire più a sentire niente" da Fango (impreziosita dalla chitarra di Ben Harper) e ancora "se hai imparato a contare fino a sette vuol mica dire che l'otto non può esserci" da Temporale. Grande spazio ai fiati più o meno in tutto l'album ma anche ad accostamenti inconsueti come quello tra la fisarmonica, la drumbeat e il piano contenuto in Dove Ho Visto Te. In orbita viene servita come fosse un piatto misto di cucina internazionale in cui sapori e odori di terre diverse si confondono e si mescolano a un sax, un oboe, una tuba e un arpa cinese.
La title track è una vera e propria giungla di suoni, che ricorda l'energia de L'ombelico del mondo in versione moderna con le chitarre al posto delle percussioni. Un featuring, quello con Giuliano Sangiorgi che arriva dopo quasi 3 minuti di canzoni ed è veloce, indolore ma soprattutto mette il falsetto di Giuliano a servizio del rap, cosa abbastanza inconsueta, per terminare poi con una coda che lascia altrettanto stupiti. Non potevano mancare le ballate d'amore come A te, Come Musica, e Innamorato che portano le donne a chiedersi "ma possibile che quest'uomo sia così perfetto? Bello, bravo e romantico??!!"
In Punto, si parla ancora d'amore con un sottofondo bossanova, insieme a chi di questo genere veramente se ne intende, Sergio Mendes, per poi passare a un Lorenzo fattucchiere che elenca gli ingredienti per il suo Antidolorificomagnifico: ognuno di noi dovrebbe imparare a prepararlo cosi come fa lui, unendo elementi ed emozioni della propria vita. Ultima collaborazione illustre quella con Michael Franti in Mani Libere, una danza hippie in cui viene espressa tutta l'incertezza di un uomo che non smette mai di farsi domande anche se molto spesso, vista la quantità, non riesce a trovare una risposta e nonostante ciò si sente in profonda unione con tutto ciò che lo circonda.
Questo è Safari, questo è Lorenzo Cherubini nel 2008, 20 anni dopo il suo esordio è ancora qui ad attirare la nostra attenzione. Un uomo che, dietro i suoi grandi sorrisi e la sua disponibilità di apertura verso il pubblico, conserva una parte di sé che rimane misteriosa, forse una forma di difesa che è la chiave per sopravvivere ad alto livello tutti questi anni nel difficile mondo della musica.
Carolina Di Domenico
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